L’evoluzione e lo stato della Revisione Prezzi

L’istituto della Revisione dei Prezzi è stato introdotto con l’ormai antico Decreto Luogotenenziale 890 del 1915 che, in considerazione della prima guerra mondiale e del più che probabile conseguente incremento dei costi, ammetteva la possibilità di rivedere i prezzi.

Nei decenni successivi l’istituto è stato oggetto di numerosi interventi legislativi. Significativi quelli della Legge n. 76/1970 che fissava una soglia dell’alea pari al 5% dell’ammontare complessivo dei lavori e quelli della Legge n. 81 del 1981 che introduceva la programmazione dei lavori allo scopo di scadenzare le anticipazioni e l’erogazione degli importi revisionati.

Il primo momento di raccordo normativo risale tuttavia al 28.02.1986 quando, con la Legge n. 41 veniva prevista:

  1. la revisione prezzi a decorrere dal secondo anno successivo all’aggiudicazione e quando l’importo complessivo della prestazione fosse aumentato o diminuito in misura superiore al 10% per cento per effetto di variazioni dei prezzi correnti intervenute successivamente all’aggiudicazione stessa
  2. il prezzo chiuso consistente nel prezzo del lavoro al netto del ribasso d’asta, aumentato del 5% per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori.

Tuttavia, le esigenze di contenimento della spesa pubblica, successive agli scandali giudiziari che investirono il settore delle opere pubbliche negli anni 90, portarono alla soppressione sia dell’istituto della revisione prezzi sia del prezzo chiuso.

La Legge 498/1992 cancella qualsiasi meccanismo di adeguamento del corrispettivo contrattuale.

Il divieto viene confermato con la 109/1994 anche se, per la prima volta, viene qui introdotto un nuovo principio di prezzo chiuso consistente nel prezzo dei lavori al netto del ribasso d’asta, aumentato di una percentuale da applicarsi, nel caso in cui la differenza tra il tasso di inflazione reale e il tasso di inflazione programmato nell’anno precedente sia superiore al 2%, all’importo dei lavori ancora da eseguire per ogni anno intero previsto per l’ultimazione dei lavori stessi.

Negli anni a seguire questo nuovo prezzo chiuso rimane tuttavia dormiente. Mai si verifica infatti scostamento tra inflazione reale e inflazione programmata sufficiente per svegliare il meccanismo. Probabilmente perché il tasso di inflazione programmata è stato quasi sempre decretato successivamente alla pubblicazione del tasso di inflazione reale.

Tra la fine del 2003 e l’inizio del 2004 si verifica un eccezionale rincaro dell’acciaio seguito da quello di altri materiali. Di conseguenza, su pressante richiesta degli operatori di settore, con la legge Finanziaria del 2005 viene introdotto in deroga al “prezzo chiuso” il meccanismo della cosiddetta “Compensazione”, poi recepito al comma 4 dell’art. 133 del D.Lgs. 163/2006. Si tratta in sostanza di un meccanismo revisionale applicabile al prezzo dei materiali in caso di variazioni superiori al 10 per cento rispetto al prezzo corrente dell’anno di presentazione dell’offerta, rilevato con apposito decreto dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Col Codice 50 la disciplina della cosiddetta compensazione viene abrogata anche se – di fatto – dal 2010 in poi non si sono più verificati i presupposti per l’applicazione della compensazione, non avendo alcun materiale subito aumenti superiori al 10%.

Col 50 viene però reintrodotta un’ambigua forma di “Revisione dei prezzi”. Infatti, secondo il 1° comma lettera a) dell’art. 106, la Stazione Appaltante può prevedere – dandone evidenza nei documenti di gara – la revisione dei prezzi. Viene in particolare programmato che si possa procedere con la revisione tutte le volte in cui i prezzi dell’appalto subiscano un aumento rispetto ai prezzari predisposti dalle regioni e dalle province autonome di concerto con il MIT (ex art. 23, comma 7 del 50) eccedente il 10%. Il riconoscimento viene contenuto nella metà della variazione eccedente il 10%.