L’Europa torna sulla questione dei ritardi nei pagamenti

Con la nostra news del 27 aprile 2017 avevamo auspicato pronta soluzione dell’evidente divergenza introdotta dall’art. 113bis del Correttivo rispetto alle disposizioni del D.Lgs. 192/2012 sui ritardi nei pagamenti. Il primo ripristinava infatti la previsione dell’art. 143 del regolamento 207 fissando in 45 giorni il tempo utile per l’emissione dei certificati di pagamento. Il secondo prevedeva invece un termine di 30 giorni.

In particolare, con la direttiva 2011/7/UE, finalizzata a contenere i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali e che l’Italia ha recepito con il D.Lgs. 9 novembre 2012 n. 192 a modifica e integrazione del D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231:

  • il termine di 45 giorni previsto dall’art. 143 del 207 per l’emissione del certificato di pagamento è stato ridotto a 30 giorni;
  • il successivo termine di 30 giorni, previsto sempre dall’art. 143, comma 1 per il pagamento è stato confermato;
  • il termine di 90 giorni previsto dall’art. 141, comma 9, del D.Lgs. 163/2006 e dall’art. 143 comma 2 del D.P.R. n. 207/2010 per il pagamento della rata di saldo è stato ridotto a 30 giorni a decorrere dalla data del certificato di collaudo.

In conseguenza del mancato rispetto delle norme comunitarie sui tempi di pagamento, Bruxelles ha aperto una procedura nei confronti dell’Italia. Quindi, il 13 luglio 2017, ha messo in mora l’Italia per la norma introdotta col Correttivo.

La legge di Bilancio del 2017 ha quindi corretto l’articolo 113 bis eliminando il termine di 45 giorni e prevedendo che “i certificati di pagamento (…) sono emessi nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia diversamente ed espressamente concordato dalle parti e previsto nella documentazione di gara e purché ciò non sia gravemente iniquo per il creditore”.

La modifica non ha però convinto Bruxelles che, il 7 giugno scorso, ha inviato un parere motivato sulla non conformità del diritto nazionale italiano alla direttiva 2011/7/UE sui ritardi di pagamento.

Il passo successivo, in mancanza di un provvedimento, sarà il deferimento alla Corte di giustizia. Col verdetto di condanna arriveranno poi le sanzioni da pagare sul pregresso e per ogni giorno di ritardo nel mettersi in regola.

Si tratta della seconda procedura per l’Italia dopo quella del 2014 per la quale stiamo aspettando il giudizio finale che, molto probabilmente, comporterà l’obbligo di pagare le sanzioni ivi previste.

Una cosa è certa, il ritardo nei pagamenti è un problema irrisolto che è stato più volte denunciato dalle diverse associazioni di categoria e che rappresenta un peso rilevante per l’economia delle imprese.

Urge un serio provvedimento a riguardo. Chissà che non ci pensi il nuovo governo.