Il Decreto Correttivo nella contabilità e nei termini di pagamento

Il Decreto Correttivo del Codice dei contratti, approvato in via definitiva il 13 aprile scorso, non introduce significative novità in materia di contabilità dei lavori.

Permane, quindi, la previsione dell’art. 216 del nuovo codice secondo cui la contabilità degli affidamenti successivi alla sua entrata in vigore dovrà essere tenuta nel rispetto delle disposizioni di cui alla Parte II, Titolo IX, Capi I e II (articoli da 178 a 210) nonché degli allegati o le parti di allegati ivi richiamate del regolamento 207. Lo stesso articolo abroga, invece, sempre sin dall’entrata in vigore del nuovo codice appalti, gli articoli di cui alla Parte II, Titolo IX Capo III, ovvero gli articoli da 211 a 214 “Norme generali per la tenuta della contabilità”.

Da un lato vengono lasciate dunque in vita, seppur in via temporanea, vecchie articolazioni. Dall’altro si crea un vuoto normativo laddove risultano abrogate con effetto immediato altre articolazioni.

Il tutto sino a quando non saranno emanate in via definitiva le Linee Guide di cui all’art. 111 comma 1. Linee guida, queste, in fase di riscrittura da parte dell’ANAC dopo che, emanate e trasmesse al MIT dalla medesima ANAC il 21.06.2016, sono state oggetto di rilevanti  osservazioni da parte del Consiglio di Stato chiamato ad esprimersi dal MIT col parere n. 2282 del 3.11.2016.

Sui termini di pagamento l’art. 77 del Decreto Correttivo introduce, invece, l’art. 113 bis per disciplinare il termine di emissione del certificato di pagamento relativo agli acconti. In particolare, la nuova disposizione ripropone, di fatto, il primo comma dell’art. 143 del vecchio regolamento laddove prevede che il termine per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto non possa superare i quarantacinque giorni decorrenti dalla maturazione di ogni stato di avanzamento.

La nuova disposizione – rubricata “Termini per l’emissione dei certificati di pagamento relativi agli acconti” – pare tuttavia contrastante con la normativa comunitaria sul tema e, in particolare, con la direttiva 2011/7/UE finalizzata a contenere i ritardi nei pagamenti delle transazioni commerciali – già avviata con la direttiva 2000/35/CE – che l’Italia ha recepito con il D.Lgs. 9 novembre 2012 n. 192 a modifica e integrazione del D.Lgs. 9 ottobre 2002 n. 231 (di recepimento a sua volta della direttiva 2000/35/CE).

Il predetto Decreto n. 192, come chiarito dal Ministero per lo Sviluppo Economico con circolare n. 1293 del 23 gennaio 2013 e ribadito dalla Corte dei Conti con la delibera n. 53 del 14 marzo 2013, ha reso infatti inapplicabili le norme che fissano il termine di 45 giorni per l’emissione del certificato di pagamento. In particolare, secondo il Decreto n. 192:

  • il termine di 45 giorni previsto dall’art. 143 comma 1 del D.P.R. n. 207/2010 per l’emissione del certificato di pagamento dalla maturazione del credito prevista nel Capitolato Speciale, è da intendersi ridotto a 30 giorni;
  • il successivo termine di 30 giorni, previsto sempre dall’art. 143, comma 1 per il pagamento risulta ancora applicabile;
  • il termine di 90 giorni previsto dall’art. 141, comma 9, del D.Lgs. 163/2006 e dall’art. 143 comma 2 del D.P.R. n. 207/2010 per il pagamento della rata di saldo a decorrere dal certificato di collaudo è ridotto a 30 giorni ove non sia pattuito nei casi espressamente consentiti un termine maggiore comunque non superiore a 60 giorni.

Risulta dunque un’evidente contraddizione tra il nuovo art. 113 bis introdotto dal Correttivo e le prevalenti disposizioni del D.Lgs. n. 192/2012! Contraddizione che richiede pronta soluzione.