I settori speciali nel nuovo codice

Il nuovo codice 50/2016 inquadra come contratti riferibili a “Settori Speciali” quelli relativi ad interventi da eseguire nel campo del gas, dell’energia termica, dell’elettricità, dell’acqua, dei trasporti, dei servizi postali e dello sfruttamento di aree geografiche.

La qualifica di specialità deriva dal rilievo strategico di tali settori nel quadro economico nazionale.

Fino all’entrata in vigore del vecchio codice 163/2006 gli appalti nei settori speciali erano oggetto di autonoma regolamentazione, tant’è che nelle prime direttive comunitarie in materia di appalti pubblici rientravano nell’ambito dei cosiddetti “settori esclusi”. Caratteristica di questi settori era dunque il loro carattere chiuso. Non erano cioè esposti ad un regime di concorrenza e l’accesso era condizionato alla titolarità di diritti speciali o di esclusiva.

Nel tempo, tuttavia, la concorrenza è diventata un principio cui deve ispirarsi anche la condotta economica degli Stati ed è in tale contesto di progressiva apertura che si inserisce la direttiva 31 marzo 2004, n. 2004/17/CE  avente ad oggetto proprio il coordinamento delle procedure di appalto dei settori speciali, recepita in Italia con il D.Lgs. 163/06.

L’evoluzione storica della normativa ha quindi portato alla continua attenuazione del carattere speciale di questi settori che attualmente sono assimilabili a quelli ordinari, in virtù della estensione, ai primi, di molte disposizioni concepite per i secondi.

Tale estensione, tuttavia, come evidenziato dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato nel parere formulato sullo schema generale del nuovo Codice, crea non poche perplessità. Col nuovo Codice il legislatore non ha infatti introdotto un corpo autonomo di disposizioni per i settori speciali. Al contrario, la disciplina è composta da:

  • un blocco di norme comuni riferibile alla totalità degli affidamenti e nelle quali sono già incluse disposizioni specifiche per i settori speciali (ad esempio gli artt. 6 e 7);
  • un blocco di norme previste per i settori ordinari ma applicabili anche ai settori speciali;
  • un blocco di norme previste specificamente per gli affidamenti nell’ambito dei settori speciali (artt. da 114 a 141).

È il secondo blocco che desta maggiori preoccupazioni negli operatori del settore considerato che il perimetro delle norme applicabili non è sempre agevolmente definibile. Ciò in quanto  il nuovo codice ha prodotto un complicato sistema di richiami e rinvii a norme non sempre applicabili, ma solo se “in quanto compatibili”.

Ciò appare ancor più preoccupante se si considera che le principali novità per i settori speciali introdotte con il nuovo codice degli appalti, rispetto al regime previgente, sono essenzialmente due e ci sia arriva solo seguendo l’intricato susseguirsi di rinvii e richiami previsti dagli art. 113, 83, 84 e 136. La prima è riconducibile chiaramente al tema dei “requisiti di partecipazione” (art. 136). Con il nuovo regime viene meno l’obbligo, per i soggetti privati e le imprese pubbliche, di applicare gli stessi criteri di ammissione alla gara, ex. art. 80, previsti per i settori ordinari. Mentre, le amministrazioni aggiudicatrici non sono più vincolate all’applicazione dei requisiti di idoneità economico – finanziaria e tecnico- professionale (art. 83).

La seconda novità riguarda il c.d. appalto integrato. L’applicazione nei settori speciali di questo istituto è deducibile dal fatto che l’art. 59, il quale vieta, al primo comma, il ricorso a questo tipo di affidamento, non è annoverato tra le norme applicabili ai settori speciali. Quindi solo negli appalti “comuni” non è possibile ricorrere all’affidamento congiunto dell’incarico di progettazione e dell’esecuzione dell’appalto.

Numerose, invece, risultano le concordanze tra vecchio e nuovo codice. Tra le più importanti, si annoverano, la differenziazione della disciplina tra appalti soprasoglia e sottosoglia, oltre che le modalità di indizione della gara e procedure di scelta.